Le sfide dell'adolescenza
La discontinuità, la crisi, il distacco che trasforma gli infanti in giovani adulti
Le ragazzate, le sfide, le parolacce e i gesti irriverenti, i comportamenti a rischio, trasgressivi e dirompenti caratterizzano l’adolescenza da sempre, in ogni epoca e in ogni cultura.
Gli amori travolgenti, la paura dell’altro, il desiderio di essere forte, apprezzato/a, amata/o raggiungono la frequenza massima negli adolescenti.
Ormai è sufficientemente dimostrato che l’intelligenza di un giovane è equivalente a quella di una persona matura, la sua memoria sia quasi infallibile e la sua capacità di ragionare simile ai propri adulti di riferimento. Quindi per aiutare i ragazzi e le ragazze non serve insistere con loro sull’esigenza di saper distinguere ciò che è rischioso da ciò che non lo è, non è motivante, ne sono consapevoli.
Può funzionare invece provare a portare a galla conflitti emotivi relativi al loro valore personale e alla loro reputazione sociale, all’appartenenza al contesto familiare e culturale in cui crescono, e sostenere anche qualche facoltà per direzionare il proprio futuro.
Dalla mia osservazione clinica confermo che i ragazzi e le ragazze hanno capacità di valutare le conseguenze e i rischi delle loro azioni. Questa capacità è come se si spegnesse quando l’adolescente è posto in una situazione di gruppo, reale o immaginaria o virtuale che sia. Allora cominciano le difficoltà con enormi dispendi emotivi.
Con questa fiducia nelle loro potenzialità e capacità, cercando di comunicare la piacevolezza che mi suscitano, lavoro con ragazzini su tante tematiche. Dalla fatica nella comunicazione, alla paura nella scuola, dall’ambivalenza nelle relazioni con i genitori, alle sofferenze sul proprio accettarsi, alle ansie, ai traumi, alle violenze ai lutti che si sono vissuti nella vita.
Ormai è sufficientemente dimostrato che l’intelligenza di un giovane è equivalente a quella di una persona matura, la sua memoria sia quasi infallibile e la sua capacità di ragionare simile ai propri adulti di riferimento. Quindi per aiutare i ragazzi e le ragazze non serve insistere con loro sull’esigenza di saper distinguere ciò che è rischioso da ciò che non lo è, non è motivante, ne sono consapevoli.
Può funzionare invece provare a portare a galla conflitti emotivi relativi al loro valore personale e alla loro reputazione sociale, all’appartenenza al contesto familiare e culturale in cui crescono, e sostenere anche qualche facoltà per direzionare il proprio futuro.
Dalla mia osservazione clinica confermo che i ragazzi e le ragazze hanno capacità di valutare le conseguenze e i rischi delle loro azioni. Questa capacità è come se si spegnesse quando l’adolescente è posto in una situazione di gruppo, reale o immaginaria o virtuale che sia. Allora cominciano le difficoltà con enormi dispendi emotivi.
Con questa fiducia nelle loro potenzialità e capacità, cercando di comunicare la piacevolezza che mi suscitano, lavoro con ragazzini su tante tematiche. Dalla fatica nella comunicazione, alla paura nella scuola, dall’ambivalenza nelle relazioni con i genitori, alle sofferenze sul proprio accettarsi, alle ansie, ai traumi, alle violenze ai lutti che si sono vissuti nella vita.
Le parole che leggiamo sui media o sulla rete di queste difficoltà sono disturbi di ansia, attacchi di panico, fobia scolare, isolamento sociale, depressione, comportamenti che mettono a rischio la propria integrità e quella altrui, iperattività, mancanza di concentrazione, disturbi nell’alimentazione, difficoltà nella rispetto delle regole sociali.
Vedo, leggo e ascolto quello che i miei piccoli ospiti mi raccontano per potere capire meglio le nuove rappresentazioni di maschili e femminili, gli abbozzi di modelli di società.
Spesso bambini e ragazzini hanno disorientamento nel capire i loro bisogni, ad esprimere il loro disagio, a manifestare cosa vorrebbero ottenere, la comunicazione con me passa anche tramite i disegni, lo story telling, il gioco al fine di offrire più canali espressivi per fare esprimere emozioni e difficoltà.